
Kickass torrent

kickass torrent
Immaginate un’azienda con 50 milioni di nuovi clienti ogni mese. Un’azienda che vale 54 milioni di dollari. Immaginate poi che possieda un patrimonio di oltre un miliardo di dollari e che il suo proprietario, un ragazzo di appena 30 anni, guadagni tra i 12,5 ed i 22,3 milioni di dollari l’anno solo con la pubblicità. Un indizio: non stiamo parlando di Facebook. Sarebbe meraviglioso poterne comprare le azioni, sedersi comodi e guardare la propria ricchezza che aumenta di giorno in giorno. Sarebbe, perché è tutto illegale.
Kickass Torrent non è un’azienda con una sede, ma un sito internet. Si tratta di una specie di enorme supermercato del digitale, dove si trova di tutto, musica, film, serie tv, videogiochi. Tutto gratis. Basta un clic e dopo pochi secondi abbiamo scaricato quello che cercavamo. Ovviamente stiamo violando la legge, perché se voglio ascoltare un cd dovrei comprarlo e pagare così i diritti di autore agli artisti (e così per film, serie tv, ecc.). La cosa non è piaciuta al Dipartimento di Giustizia americano, che ha arrestato in Polonia il fondatore del sito, il 30enne ucraino Artem Vaulin. Gli investigatori sono arrivati a lui fingendosi degli inserzionisti interessati a comprare uno spazio pubblicitario sul sito, e controllando gli accessi di chi entrava come amministratore della pagina “Kickass Torrent” su Facebook.
UN SISTEMA SOFISTICATO
Il sistema architettato nel 2008 da Vaulin era ingegnoso: ufficialmente non ospitava il materiale sul suo sito, ma andava a recuperarlo su altri siti e sui computer degli utenti, che in questo modo condividevano i file l’uno con l’altro. Il guadagno del fondatore era dato dalle inserzioni che altri siti pagavano per farsi pubblicità. Se aggiungiamo poi che i server e i conti correnti della “società” si trovavano in paesi che non fanno della trasparenza uno dei loro punti di forza, il gioco è fatto.
Un gioco che però è finito, almeno per il fondatore. Gli Stati Uniti hanno chiesto l’estradizione del ragazzo, accusandolo di riciclaggio di denaro e violazione delle leggi sul copyright. Il 30enne adesso rischia qualcosa come 30 anni di prigione. Se l’obbiettivo della giustizia era dare un duro colpo alla pirateria, il risultato però è incerto: poche ore dopo l’ arresto il sito era di nuovo online, identico e aggiornato, con un altro indirizzo.